Archivio Magnini

Patrimonio Artistico - Cultura

1973 - Il Grifo ed il Leone


Il Messaggero - 28 febbraio 1973

Intervengono l'architetto Pardi e la Famiglia Perugina

Grifo e Leone: divampa la polemica

Sulla delicatissima e controversa questione del collocamento dei due bronzi «Grifo e Leone», sulla loro antica sede sulla facciata del Palazzo dei Priori, ampiamente dibattuta durante la tavola rotonda indetta dalla Facoltà di Lettere e Filosofia ed alla quale hanno partecipato e portato il loro validissimo contributo luminari in questo campo, interviene nuovamente l'architetto Renzo Pardi soprintendente ai Monumenti ed alle Gallerie dell'Umbria, insieme alla «Famiglia Perugina».
Entrambi sarebbero d'accordo nel ricollocare le due statue al loro posto originale ma se, come si sono espressi gli esperti, ciò dovesse comportare il rischio certo della loro distruzione a causa degli inquinamenti, non sarebbero contrari alla proposta della loro sistemazione all'interno del Palazzo dei Priori.
Questo il testo delle lettere dell'architetto Pardi:
«Leggo nella pagina del giornale dedicata alla cronaca di Perugia (il Messaggero del 26-2-1973), l'articolo concernente la questione della ricollocazione in pristino del Grifo e del Leone, nel quadro della tavola rotonda organizzata dalla Facoltà di Lettere della locale Università.
La pregherei, però, di voler gentilmente integrare la parte di tale articolo riguardante i pareri espressi, nel tempo, dalla Soprintendenza ai Monumenti, sull'argomento con le considerazioni qui appresso svolte.
Questo ufficio - infatti - anche recentemente si è dichiarato favorevole al ripristino della situazione dei due bronzi, quale essi si presentava prima del trasporto dei due bronzi stessi all'Istituto Centrale del Restauro in Roma.
Tuttavia, altrettanto recentemente, in occasione di conversazioni amichevoli, sia con rappresentanti del Comune, che con il dr. Grazzini (Redattore della rivista "Epoca"), quanto infine con architetti e persone del luogo operanti attivamente nel campo dell'arte, lo scrivente ha sempre suggerito di fare esaminare il metallo delle due statue da un collegio di esperti, o meglio di scienziati, che sciogliesse definitivamente il dubbio circa la possibilità che il tasso d'inquinamento dell'atmosfera provocasse l'irreparabile perdita delle opere in questione.
Orbene, nella tavola rotonda di venerdì scorso, il dubbio è stato risolto dai tre professori di fisica-chimica ivi presenti i quali, in pratica, hanno costituito appunto quel collegio scientifico più volte auspicato dallo scrivente. Di fronte al netto parere reso dai succitati professori e motivato con seri argomenti scientifici scaturiti dagli esami e dalle reazioni cui è stato sottoposto, in laboratorio, il metallo, io credo che sia dovere di tutti rivedere le posizioni precedentemente assunte sulla scorta di motivi soltanto storici e critici ed avere nel contempo il buon senso di adeguarsi alla nuova situazione.
Dichiaro comunque, nella maniera più esplicita e risoluta, di non essere venuto a conoscenza di alcun risultato scientifico concernente i due bronzi prima della sera di venerdì 23 febbraio scorso quando, appunto, i tre professori di chimica-fisica espressero le conclusioni cui erano pervenuti a seguito degli esami di laboratorio, conclusioni che - ripeto - giustificano ampissimamente la revisione di qualsiasi parere sinora espresso da chicchessia.»
Questo invece il parere della Famiglia Perugina:
«La "Famiglia Perugina” desidera che il Grifo ed il Leone tornino nel loro posto originario, cioè sulla facciata del Palazzo dei Priori sopra l'ingresso della Sala dei Notari.
Se poi - come autorevoli partecipanti alla detta tavola rotonda hanno prospettato - risulterà che effettivamente la conservazione dei detti bronzi esiga il loro riparo in locale chiuso a temperatura termostatica, si dovrà al loro posto mettere, quanto meno, dei fedelissimi calchi.
Contrastando con il parere espresso da tante grosse personalità della cultura, riteniamo che, questo dei calchi, sia il minimo che si debba fare.
Personalmente anche noi ripudiamo le copie; ma ad estremi mali occorrerà riparare con estremi rimedi.
Invero, il grifo ed il leone non sono due "animali" come li si chiama e non sono neppure soltanto due mirabili opere d'arte. Per i perugini sono anche, e soprattutto, il simbolo della loro città. L'averli dinanzi agli occhi non appaga soltanto il piacere d'una tradizione amata ed un atavico sentimento civico (e già ciò basterebbe a giustificare il loro desiderio); ma ravviva la cultura d'una città.
E la cultura - ci sia permesso dire - di una città è fatta, ancor più che dai musei, dal proprio passato, dalla propria storia e dal proprio costume.
E poi privare la facciata del Palazzo dei Priori dal Grifo e dal Leone significherebbe mutilarla nella sua stessa architettura. E' vero che i due bronzi furono fusi prima; ma è anche vero che furono lì posti nel 1301, vale a dire quando il palazzo fu completato. Ben può dirsi, dunque, che di esso siano parte integrante. Il sentimento è, dunque, confortato dall'architettura e dalla storia.
Se poi fossero anche soltanto una bandiera, ebbene non la vogliamo riporre. Ripariamo magari, se sarà proprio necessario (ma è proprio necessario?), i due originali all'interno a disposizione degli studiosi e dei visitatori sinora, purtroppo, rari e forestieri; ma lasciamo - almeno con due calchi fedeli, che l'altezza, per fortuna, impedirà di confrontare - che il nostro Palazzo dei Priori abbia il volto che sin dall'inizio s'è dato; facciamo che tutti i perugini continuino ad avere dinanzi agli occhi il simbolo della loro storia.
Si ricordi, insomma, che il Grifo ed il Leone non sono due opere d'arte avulse; ma appartengono al contesto ed al tessuto culturale della città.
E - dopo sette, diconsi sette, anni di restauro - si faccia presto».

___________________________________

La Nazione - 1 marzo 1973

Lettere sui "bronzi"

Il presidente della «Famiglia perugina», avvocato Dante Magnini: « Personalmente ripudiamo le copie ma ad estremi mali occorrerà riparare con estremi rimedi» - L'onorevole Fabio Ciuffini: «Cosa è accaduto di così irreparabile a questi bronzi tanto da non poterli più esporre nemmeno in atmosfera non controllata?»

La questione del Grifo e del Leone è uscita dall'ambito comunale e provinciale per diventare un problema a livello nazionale.
Ciò è accaduto in conseguenza della tavola rotonda organizzata dall'Istituto di storia dell'arte della università; infatti sulle terze pagine dei maggiori quotidiani italiani (e quanto prima anche sui periodici a maggiore tiratura) si è parlato (e si parlerà) di questi due bronzi perugini.
Il Grifo ed il Leone, dunque, che fino a ieri erano un patrimonio dei perugini, sono improvvisamente divenuti oggetto di attenzione e di rispetto di tutti gli italiani.
Dunque almeno sotto questo profilo la polemica sulla loro ricollocazione [… che ribadire quanto gia esterni …] al portale della sala dei Notari ha portato ad un risultato positivo.
Ma c'è di più; oggi le «bestie» sono oggetto di studio da parte di una vasta schiera di tecnici e di cultori d'arte, ciò che prima non era mai accaduto.
La polemica, comunque, non accenna a spegnersi. Anzi. Avevamo annunciato ieri che erano pervenute delle lettere. Ed oggi siamo qui a registrarne alcune.
Il presidente della «Famiglia Perugina» avv. Dante Magnini ci ha scritto:
«Sulla questione del Grifo e del Leone riteniamo necessario rendere di pubblica ragione qual è la posizione della “Famiglia perugina ”.
Del resto non facciamo qui che ribadire quanto già espresso in seno alla commissione comunale. E lo ribadiamo anche dopo essere stati presenti alla tavola rotonda all'uopo lodevolmente indetta dall'Università degli studi di Perugia.
Dopo il parere dei professori, riteniamo utile far conoscere anche quello dei perugini.
La "Famiglia Perugina" desidera che il Grifo ed il Leone tornino nel loro posto originario, cioè sulla facciata del palazzo dei Priori sopra l'ingresso della sala dei Notari.
Se poi - come autorevoli partecipanti alla detta tavola rotonda hanno prospettato - risulterà che effettivamente la conservazione dei detti bronzi esiga il loro riparo in locale chiuso a temperatura termostatica, si dovrà al loro posto mettere, quanto meno, dei fedelissimi calchi.
Contrastando con il parere espresso da tante grosse personalità della cultura, riteniamo che, questo dei calchi, sia il minimo che si debba fare.
Personalmente anche noi ripudiamo le copie; ma ad estremi mali occorrerà riparare con estremi rimedi.
Invero, il Grifo ed il Léone non sono due "animali" come li si chiama e non sono neppure soltanto due mirabili opere d'arte. Per i perugini sono anche, e soprattutto, il simbolo della loro città. L'averli dinanzi non appaga soltanto il piacere d'una tradizione amata ed un atavico sentimento civico (e già ciò basterebbe a giustificare il loro desiderio); ma ravviva la cultura d'una città. E la cultura - ci sia permesso dire - d'una città è fatta, ancor più che dei musei, dal proprio passato, dalla propria storia e dal proprio costume.
E poi privare la facciata del Palazzo dei Priori dal Grifo e dal Leone significherebbe mutilarla nella sua stessa architettura. E' vero che i due bronzi furono fusi prima; ma è anche vero che furono lì posti nel 1301, vale a dire quando il palazzo fu completato. Ben può dirsi, dunque, che di esso siano parte integrante. Il sentimento è, dunque, confortato dall'architettura e dalla storia.
Se poi fossero anche soltanto una bandiera, ebbene non la vogliamo riporre. Ripariamo magari, se sarà proprio necessario (ma è proprio necessario?), i due originali all'interno, a disposizione degli studiosi e dei visitatori, sinora, purtroppo, rari e forestieri; ma lasciamo almeno con due calchi fedeli, che l'altezza, per fortuna, impedirà di confrontare - che il nostro Palazzo dei Priori abbia il volto che sin dall'inizio s'è dato e facciamo che tutti i perugini continuino ad avere dinanzi agli occhi il simbolo della loro storia.
Si ricordi, insomma, che il Grifo ed il Leone non sono due opere d'arte avulse; ma appartengono al contesto ed al tessuto culturale della città.
E - dopo sette, diconsi sette, anni di restauro - si faccia presto»
Il presidente della Famiglia Perugina - Avv. Dante Magnini

L'on. ing. Fabio Maria Ciuffini ha affrontato la questione, in polemica con i tecnici e gli esperti che hanno preso parte alla tavola rotonda dei giorni scorsi. Scrive l'onorevole Ciuffini:
«Non essendo potuto intervenire alla "tavola rotonda" organizzata venerdì dall'università sulla controversa questione della ricollocazione del Grifo e del Leone ed essendomi quindi dovuto contentare di resoconti di seconda mano forniti da alcuni partecipanti oltre, ovviamente, alle cronache dei giornali cittadini, vorrei ciò nonostante rendere note alcune mie impressioni e giudizi personali sulla vicenda. E tutto ciò con i limiti di informazione sopraccennati, di getto e come eventuale apertura di un confronto che vorrei augurarmi più aperto e più rispettoso delle autonomie comunali di quanto non sia avvenuto finora.
«Infatti è mia impressione, così come la ricavo a tutt'oggi, che si voglia alimentare un'artificiosa contrapposizione fra un ipotetico "mondo della cultura" aperto e sensibile ai problemi dell'arte e della scienza ed una collettività cittadina, provinciale, tesa alla riaffermazione di valori puramente municipalistici.
Come se potesse esistere "una cultura" astratta, librata sopra le teste della gente comune che non è chiamata né a fruirne né, ovviamente, a discuterne i contenuti.
E tutto ciò con buona pace di quei "colti" di complemento che alla tavola hanno partecipato sulla base di una lista di inviti di tipo discriminatorio e, me lo lasci dire, classica. E, sia ben chiaro, che qui, dopo aver negato ad un ristretto gruppo di "addetti ai lavori" di poter monopolizzare il mondo della cultura, non voglio certo arrogarmi io quello di voler monopolizzare il mondo degli altri, dei "non addetti", dei cittadini, dei lavoratori.
Dico solo che se confronto doveva esserci (e bene, sotto questo profilo, ha fatto chi ha pensato di organizzarlo) a detto confronto non potevano non partecipare, in prima persona, con i loro esperti e non esperti, le componenti democratiche di questa città: in prima linea il Comune che, forse indegnamente ma comunque istituzionalmente, queste componenti rappresenta.
Ed è questa mancanza di sensibilità per i valori di una cultura democratica che inficia, a mio dire, le risultanze della riunione di venerdì; una riunione monca di una delle componenti fondamentali e forse, mi permetta almeno questo sospetto, alquanto strumentalizzata se è vero, come risulterebbe, che molti dei partecipanti, in privati colloqui sostenevano opinioni discordanti da alcuni degli "insigni". Opinioni che poi lasciano, mi permetta, alquanto sconcertati. Ed infatti:
1) Perché si chiedono al Comune, con lettera, chiarimenti circa la destinazione dei bronzi? Ciò significa che almeno fino ad un certo momento, il Comune veniva reso arbitro della futura destinazione e che quindi, quest'ultima, al di là di personali valutazioni di questo o quell'esperto, era influente o comunque largamente influente sulla "sopravvivenza" dei bronzi stessi;
2) cosa è accaduto di così irrimediabile a questi bronzi, rimasti sette secoli allo stesso posto, da non poterli più esporre non dico al coperto ma nemmeno in atmosfera non "controllata"? Cosa è successo a questi malati che, partiti da Perugia affetti da un male ritenuto curabile, ci verrebbero rinviati (ma è sicuro almeno questo, poi?) in così grave stato, da doverli tenere in perpetuo sotto la tenda ad ossigeno?
3) Quali risultanze, quali prove, sono state effettuate per rilevare la presenza di sostanze inquinanti oggi in piazza IV Novembre, a quell'altezza di facciata? E dico oggi, perché l'introduzione nell'uso di combustibili a minor tasso di zolfo avvenuta negli ultimi anni potrebbe aver limitato o eliminato il problema.
Sia chiaro che, ove risultasse che gli "insigni" non abbiano provveduto a fare ricerche in questo senso, tutte le cose dette l'altra sera verrebbero inficiate proprio alla luce di quella "serietà scientifica" così spocchiosamente agitata. E sia chiaro anche, che prove di questo tipo, ove siano state fatte, le vorremmo comunque ricontrollare noi, con tecnici o istituti nominati da noi.
4) Hanno veramente compreso i perugini il senso di alcune "insigni" proposte? Hanno capito che non si vuole più nulla sui mensoloni della facciata, neanche delle copie, e che questo elemento così caratteristico e caratterizzante del nostro edificio comunale, verrebbe a sparire per sempre?
Caro prof. De Angelis d'Ossat, mi lasci pure vestire le pelli del primitivo (sia pure senza ascia di guerra, se vogliamo) ma in questo non la seguo, non la seguiamo! Ed ecco una mia proposta: andiamo ad un nuovo confronto al più presto possibile. Un confronto vero però, non prefabbricato o addomesticato quanto meno attraverso una scelta unilaterale dei partecipanti così come si è fatto questa volta. Un confronto al quale possano partecipare le componenti di venerdì sera e le altre che venerdì sera erano relegate al rango di parenti poveri costretti a mendicare una briciola al banchetto della "culturá" (o forse sarebbe meglio dire Kultur?).
Per parte mia sosterrò queste cose in giunta ed in consiglio comunale disponibile ad ogni soluzione culturale che sia però anche un'autentica manifestazione di democrazia».
Fabio Ciuffini

___________________________________

La Nazione - 9 luglio 1973

Per la Famiglia perugina i bronzi sulla facciata dei Priori

Una lettera dell'avvocato Magnini - «Simboleggiano storia e senso civico» - L'aria avvelenata e il traffico urbano - Una polemica che dovrebbe coinvolgere la città

Il grifo, il leone e la Famiglia Perugina, o, meglio, il presidente dell'associazione, avvocato Dante Magnini, al quale dobbiamo, e da qualche tempo, ospitalità, non solo per la dovuta correttezza, ma, prima di tutto, per l'amicizia e per la simpatia che gli viene, sia per la persona, e sia per la brillante presidenza della « Famiglia».
Dunque, nell'annunciare e nel lodare l'iniziativa della «scarpinata», dicemmo che eravamo d'accordo per questo genere di cose, ma che invece non condividevamo l'allineamento con la frazione civica che voleva e vuole l'infelice ricollocamento dei bronzi sulle mensole della porta della Vaccara.
Ciò non è andato a genio di Dante Magnini, il quale ci ha scritto una lettera, fortunatamente senza data perché così non constatiamo il ritardo della pubblicazione, un ritardo dovuto, e Magnini ci comprende, a fatti immediati, a drammi incombenti e quale la paventata retrocessione della squadra di calcio, alle cui vicende la «Famiglia» non è insensibile, tanto da offrire - brava! - una medaglia d'oro all'allenatore Grassi.
E, poi, la questione dei bronzi dormitabat, cioè sonnecchiava. Ora è sveglia, mentre è andato a dormire il campionato e, con un po' dì fiducia nella comprensione cordiale di Magnini, siamo a lui.
Intanto, Dante Magnini dichiara «la parola "allineamento non mi garba. Noi perugini, si sa, siamo sempre difficili da allineare, e ci teniamo ad esserlo. E poi perché non vorrei passare per un ... "bronzicida".
Noi perugini - stiamo riassumendo il testo - esigiamo che si sia noi a disporre delle nostre cose e vogliamo che la città conservi il suo aspetto e il suo spirito».
E prosegue:
«Ora, dal momento che i due bronzi sono componenti essenziali della facciata del suo Palazzo Comunale essendovi stati posti dagli stessi costruttori ed, inoltre, ne simboleggiano storia e senso civico, riteniamo che si debbano vedere lì.
Tuttavia, appunto perché civili e responsabili, non ci opporremo a che siano riposti all'interno, qualora ci si convinca, ma occorre convincersi che a stare fuori effettivamente si guastino.
In tal caso, però, chiediamo che al loro posto siano almeno messi calchi fedeli. Di certo; perché negarlo? Se li dovessimo riporre, una vena di melanconia sarà inevitabile.
Come sempre quando vi è una declassificazione: qual è una copia al posto di un originale, qual è un monumento nato per stare all'aperto e bisognoso di ricovero. Anche perché poi, per coerenza, dovremmo far fare la stessa fine a tanti altri, quali la Fonte Maggiore o la facciata di San Bernardino i cui marmi subiscono danni ben maggiori dei bronzi.
Melanconia, sì: se ì perugini vanno in villa e i suoi monumenti li riponiamo nei musei, di Perugia cosa, resta?
Un mucchio d'arabi, un po' di hippy seduti, qualche migliaia di automobili ed un museo? Non è una prospettiva che può arriderci».
A parte il pessimismo del finale, che viene del resto da un genuino, naturale, ammirevole amore per il natio loco, è facile dar atto che Magnini non abbia affatto l'aspetto, né l'azione di un bronzicida, così come non li posseggono coloro che, per eccesso d'amore, quasi per una mistica della tradizione, sostengono con tenacia la tesi dell'erano lì e lì ritornano.
Se a star fuori sì guastano? Non si tratta del cosiddetto «smog», ma delle intemperie e dei tanti anni d'età dei bronzi.
Certo, pur dentro un museo, il tempo scorre, ma, agli effetti fisici sulle cose, assai più lentamente.
Inoppugnabile il principio della sostituzione con calchi, i quali, appunto perché calchi, non possono essere che fedeli al millimetro.
Malinconia, là ninfa gentile del Pindemonte, è in agguato per assalire i cuori gentili: possiamo non negarlo, anche se noi personalmente non la sentiamo, ma non il calco è da ritenersi una declassificazione.
Non si declassifica niente: si cerca di tramandare ai futuri, e ad un numero maggiore di generazioni venienti, due opere d'arte. Purtroppo, ed è nella fatalità del mondo esauribile, assegnato all'uomo, stiamo vivendo in una stagione in cui le strutture del passato, dal Colosseo alle sculture dell'Antelami, manifestano più o meno gravi condizioni di senescenza.
Magari ,con la concausa dell'aria avvelenata e del traffico urbano. Si corre, quando si corre, ai ripari. Ma non sempre a tempo. Il Ragghianti, e non è nome «equivoco», sostiene anzi che tutte le opere dovrebbero essere ricoverate. E pare un paradosso.
Come non lo sarebbe, se un bel giorno si volessero salvare le sculture della fonte e di San Bernardino.
Improbabile; anzi una ventina di anni fa si è fatto proprio all'incontrario. Grifo e leone, adesso, li abbiamo sotto mano, a terra, alla nostra altezza. Perché non ce li teniamo vicini?
Infine, diamo atto a Dante Magnini di essere scrupolosamente conseguente: egli, in passato, ha fatto parte della commissione civica, presieduta dal sindaco Caraffini (e con Santucci, Santi, Duranti, Gurrieri e Cassandri), commissione che si espresse favorevolmente per il ricollocamento in sito.
Dal cui voto, vennero, poi, uguali, quelli della giunta e del consiglio comunale.
Corroborando, inoltre, il parere dell'allora soprintendente alle gallerie ed ai monumenti della regione, Renzo Pardi, ora soprintendente ai monumenti della Lombardia, che si era espresso per il ritorno alla positura tradizionale in una relazione all'istituto del restauro.
Ma che, nel corso della tavola rotonda alla facoltà di lettere, si affiancò alle unanimi conclusioni di Argan, di Brandi, di De Angelis d'Ossat, di Martinelli, di Pallottino, di Salvini e degli altri, accettando la tesi del «non» ricollocamento all'aperto.
A parte, quanto angustiosamente fu sottolineato allora a proposito di un intervento estraneo dei «baroni della cultura», partecipanti alla tavola rotonda, è, poi, possibile che costoro non valgano assolutamente nulla e che abbiano assunto una posizione soltanto per partito preso, per far dispetto, diciamo a caso, al sindaco, al consiglia comunale, a Perugia?
Ecco, si ha da andar oltre la polemica (stavamo per scrivere: la rabbia, ma non l'abbiamo scritto) e il sentimento.
Sentimento, che non è sentimentalismo nella specie intellettuale, colta e peruginissima di Dante Magnini.

i nostri PARTNERS

Contattaci

Se siete interessati alle nostre attività e a ricevere informazioni, contattateci tramite questo form, e vi risponderemo quanto prima!