Tende a diventare più aspra la polemica sorta intorno al «cartellone» della
prossima «Sagra musicale umbra» e rinfocolata dall'intervento, non proprio
felice, della «Famiglia Perugina».
Cesare Durante, che per primo aveva
rivendicato un ruolo regionale dell'importante manifestazione musicale, torna in
argomento con considerazioni che non consentono repliche.
Per Durante la nota della «Famiglia» ripresa nella stagione contiene
«piramidali» assurdità, quale quella per la quale «ogni manifestazione dell'uomo
ha un senso solamente se espressa nell'ambito di chi l'ha creata».
«D'ora in avanti - sottolinea Durante - secondo i dettami della «Famiglia»
andremo ad ascoltare Mozart a Salisburgo, Bach a Lipsia, Wagner a Bayreuth e
Verdi a Roncole di Busseto.
E non basta. La «Famiglia» accusa i contestatori di
tentato furto di una manifestazione musicale la cui naturale collocazione è
naturalmente Perugia. Il pistolotto della benemerita associazione dei grifoni
«bene» si conclude con assurdi paragoni con il Cantamaggio ternano, la Quintana
di Foligno, la festa dei ceri a Gubbio e perfino la fiera del cavallo di Città
di Castello.
Anziché ghignare di questa forma di infantile campanilismo di tipo
paranoico, preferisco rispondere con una serie di fatti seri ed inconfutabili».
Durante ricorda che la sagra nacque a Perugia nel 1937 per iniziativa del conte
Guido Visconti di Modrone e fu ripresa dopo la seconda guerra mondiale, ad opera
del maestro Siciliani; che l'allora presidente della Sagra, avvocato Zaganelli,
tentò la costituzione di una associazione Sagra musicale umbra con relativo
statuto in cui si ricordava che scopo dell'associazione era quello di
«organizzare ogni anno in Umbria manifestazioni artistico musicale
prevalentemente ispirate alla presenza religiosa nella musica».
Un ultimo appunto Durante lo riserva, per il budget della sagra: «Non ci risulta
che l'ingentissimo costo della manifestazione sia sostenuto per intero dal
comune di Perugia né dai membri della «Famiglia».
Risulta invece che la maggior
parte delle spese è sostenuta dal ministero del turismo e dello spettacolo e
dalla regione dell'Umbria. Vengono impiegati, quindi, denari del contribuente
italiano, e umbro in particolare. E' poi semplicemente mostruoso bruciare un
concerto del costo di circa mezzo miliardo in un'unica esecuzione per 800
spettatori (di cui quanti paganti?).
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Appassionata difesa della Famiglia Perugina
«Questa Sagra musicale non è umbra, ma perugina». E' la lamentela venuta dalle
città di Terni e Spoleto che si sentono boicottate o forse raggirate dalla
prestigiosa manifestazione che 40 anni fa sbagliò decidendo di farsi chiamare
«umbra».
Almeno questa sembra la tesi della «Famiglia Perugina» che in un
documento difende la peruginità della «Sagra musicale umbra» - per la cui tutela
la Famiglia Perugina si è sempre battuta - quest'anno si riqualifica: e pur
ristretta nel tempo - si afferma nella nota - conserva qualità e perde
l'itineranza: quest'anno si svolgerà interamente nella sua culla naturale, cioè
Perugia.
Sappiamo che altrove sono in proposito già sorte proteste e sappiamo che questa
nostra difesa,visto il pulpito da cui proviene, sarà ritenuta istituzionale e
d'ufficio. Ed invece risponde ad elementari principi di giustizia e di logica.
Di giustizia, perché accaparrarsi l'altri equivale ad appropriazione indebita.
Di logica, perché ogni manifestazione dell'uomo ha un
senso solamente se espressa nell'ambito di chi l'ha creata. Tanto per dire: il
Palio trasferito da Siena perderebbe tutto il suo sapore e diverrebbe una
pagliacciata.
Ci rendiamo conto - prosegue la Famiglia Perugina che siamo in epoca di
rivendicazioni dell'altrui e di fronda da parte dei vicini nei confronti di
Perugia accusata di monopolio. E così ciascuno richiede un pezzo delle sue
creazioni: chi un po' della sua università, chi dei suoi stranieri, dei suoi
musei, dell'Umbria Jazz, del Teatro in Piazza, della Sagra Musicale appunto.
Ma appare, oltre che errato, non conforme neppure alle norme di comportamento.
Non risulta infatti - prosegue l'associazione del capoluogo - che Perugia abbia
mai chiesto a Spoleto di cedergli un po' del suo Festival, a Terni del suo Calendimaggio (c'è un po'
di confusione? n.d.r.), a Foligno della Quintana, ad Orvieto della Palombella, a
Gubbio della Festa dei Ceri o a Città di Castello della Fiera del Cavallo.
Né
che Perugia abbia protestato se il nome «Sagra» nato qui con la musica, sia poi
stato in Umbria accaparrato da tutti con prodotti vari: dal sedano al finocchio.
Rifacendoci, insomma, a quell'aureo 'unicuique suum' col quale mirabilmente i
romani sintetizzarono il diritto, lasciateci almeno - conclude la Famiglia
Perugina - la nostra sagra, quella autentica e originaria, quella musicale
appunto».
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Le polemiche sulla mancata itineranza erano già nell'aria E ora c'e una provocatoria posizione della Famiglia Perugina
La Sagra è nostra e guai a chi ce la tocca: e quanto più o meno afferma la
Famiglia Perugina con una pepata presa di posizione che se non altro ha il
pregio di parlare chiaro.
E' evidente che a questo punto quanti più o meno
sommessamente criticavano il fatto che una Sagra «umbra» non potesse svolgersi
soltanto a Perugia, vengono indirettamente invitati dalla Famiglia Perugina ad
uscire allo scoperto e portare le loro ragioni. La polemica è aperta.
Per intanto la Famiglia si congratula con la decisione relativa alla perdita
della itineranza da parte della Sagra e per il fatto che ritorna «nella sua
culla naturale, cioè a Perugia». Ed afferma senza mezzi termini che questa è
stata una operazione di giustizia e di logica. «Di giustizia, perché
accaparrarsi l'altrui equivale ad appropriazione indebita; di logica, perche
ogni manifestazione dell'uomo ha un senso solamente se espressa nell'ambito di
chi l'ha creata».
Certo, sono queste motivazioni che faranno senz'altro discutere: un'obiezione
alla seconda si può immediatamente levare. Come si può affermare che ogni
manifestazione dell'uomo ha un senso soltanto se espressa nell'ambito di chi
l'ha creata? Forse che qualsiasi espressione artistica non è valida
universalmente?
Ma la Famiglia Perugina non ha dubbi in proposito: «Il Palio trasferito da Siena
perderebbe tutto il suo sapore e diverrebbe una pagliacciata». E giù con altre
accuse: «Ci rendiamo conto, dicono quelli della Famiglia Perugina, che siamo in
epoca di rivendicazioni dell'altrui e di fronda da parte dei vicini nei
confronti di Perugia accusata di monopolio. E così ciascuno richiede un pezzo
delle sue creazioni: chi un po' della sua Università, chi dei suoi Stranieri,
dei suoi musei, dell'Umbria Jazz, del Teatro in Piazza, della Sagra musicale
appunto. Ma appare, oltre che errato, non conforme neppure alle norme di
comportamento».
La «tirata» della Famiglia Perugina conclude chiamando direttamente in causa le
altre città umbre che hanno ospitato o ambirebbero ad ospitare parte della
Sagra: «Non risulta infatti che Perugia abbia mai chiesto a Spoleto di cedergli
un po' del suo Festival, a Terni del suo Calendimaggio, a Foligno della
Quintana, ad Orvieto della Palombella, a Gubbio della Festa dei Ceri od a Città
di Castello della Fiera del Cavallo. Né che Perugia abbia protestato se il nome
di Sagra nato qui con la musica, sia poi stato in Umbria accaparrato da tutti
con prodotti vari: dal sedano al finocchio.
«Riferendoci insomma all'aureo unicuique suum con il quale mirabilmente i romani
sintetizzarono il diritto, lasciateci almeno la nostra sagra, quella autentica
ed originale, quella musicale appunto».
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In merito alla scelta del capoluogo regionale quale unico «contenitore» della
Sagra musicale umbra, il sindaco di Terni ingegner Porrazzini ha rilasciato la
seguente dichiarazione: «Mentre si apre la quarantesima edizione della Sagra
musicale umbra, alla quale auguro il più vivo successo, ritengo necessario
esprimere qualche valutazione sulle polemiche seguite alla scelta di Perugia,
quale unica sede del ciclo di concerti in cui si struttura la Sagra, spintovi,
in particolare, da talune sorprendenti teorizzazioni svolte sulla discussa
scelta, quali quelle attribuite al sodalizio denominato Famiglia perugina».
La predetta «Famiglia» infatti, secondo quanto riferito dalla stampa locale è
andata sostenendo l'esistenza di una sorta di diritto naturale di esclusiva
della città di Perugia nella organizzazione e fruizione di manifestazioni di
rilevante valore culturale tra le quali oltre la Sagra musicale, Umbra jazz ecc.
Non dirò come pure è stato argomentato in questi giorni, che chiunque dovrebbe
affrontare con maggiore prudenza il tema del rapporto fra il capoluogo ed il
«resto» della regione quando il tema attiene iniziative che impegnano
ingentissime risorse nazionali e regionali, infatti, non mi pare questa, pur
essendo fondata, la questione essenziale.
Il problema riguarda, invece, una
concezione ed un modo di vivere la dimensione civile e culturale dell'Umbria.
Per una regione, piccola ma dalla ricchissima e articolata struttura urbana,
prodotta da vicende storiche e da vocazioni anche assai diverse, credo che la
prospettiva di divenire e di organizzarsi quale «città-regione» non appartenga
al miraggio della
utopia ma all'orizzonte di un concreto impegno culturale e politico.
All'Umbria, entità geografica sino agli anni '70, alle sue popolazioni e alle
sue istituzioni si offre la possibilità di costruire consapevolmente un'identità
regionale, capace di valorizzare tutte le autonome risorse di questa terra,
attraverso la organizzazione e la politica di «occasioni di vita
regionale», sempre più coerenti e significative.
Alla costruzione di queste occasioni dello stare idealmente insieme e del
riconoscere appartenenti a comuni valori, sensibilità, progetti, credo che
grandi manifestazioni culturali come la Sagra musicale umbra o come Umbria Jazz
possono offrire un grande contributo.
Il problema perciò è interrogarsi sulla
possibilità - improbabile - di unificare «verso l'alto» l'Umbria e gli umbri
tramite l'affermazione di un ruolo egemone del capoluogo o su quella auspicabile
e - credo - realistica di far vivere l'Umbria delle cento torri e dei cento
campanili (e delle ciminiere) come un unico corpo; una città regione. Certo la
città di Perugia anche per questa prospettiva ha un grande ruolo di promozione e
di guida da svolgere.
Se queste polemiche di fine estate sulla Sagra musicale offriranno a tutti i
protagonisti lo spunto per tornare a riflettere su questi problemi che
riguardano l'identità e l'iniziativa delle istituzioni e delle varie componenti
della comunità umbra, potranno essere ricordate come polemiche utili.
Per la Sagra, infatti, credo siano da ritenere adeguate le motivazioni portate
dal presidente Casoli, sindaco di Perugia, circa le difficoltà di carattere
economico e logistico che hanno indotto gli organizzatori per questa edizione a
concentrare su Perugia le iniziative.
Ritengo soprattutto valido l'impegno di
Casoli teso a promuovere rapidamente una riforma dello statuto della Sagra
musicale che consenta una partecipazione organica e responsabile di altre realtà
territoriali ed istituzionali della Regione. Così più sostanzialmente la Sagra
potrà dirsi «Umbra».
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