La «Famiglia Perugina » e Palazzo Penna
Scrive la «Famiglia Perugina»: si torna a parlare del museo d'arte moderna, un
argomento che proprio la «Famiglia Perugina», forse per prima, pose sul tappeto.
E poiché ci sta a cuore torniamo anche noi a parlarne nell'intento di
sollecitarne una soluzione felice.
Dunque, nel palazzo della Penna, i lavori murari, ad opera della regione,
proseguono e sono, anzi, prossimi ad essere completati; ma è tempo ormai di
decidersi a dare corpo anche all'organismo che dovrà impiantarlo e poi gestirlo.
Ché il non andare l'una e l'altra cosa insieme, appare, ancora più che
disarmonico, nocivo; si rischia, altrimenti, d'avere una struttura che poi non
soddisfa chi dovrà appunto gestirla.
A dire il vero anche questo punto dovrebbe
essere superato, dato che da circa un anno è stata concordata una convenzione
tra regione, comune e accademia di belle arti. Convenzione, che, in sintesi,
delega, come logica sembra volere, all'Accademia il funzionamento ed alle
regione il finanziamento. Con tutte le cautele di controllo, s'intende, da parte
degli organi pubblici.
Ma sta di fatto che poi la macchina s'è, o comunque
s'era, un po' inceppata. Tant'è che non si è proceduto ancora a bandire i
concorsi per la costituzione dell'organico, «in primis» - ed è scelta
determinante - per quello che dovrà esserne il direttore o sovrintendente.
E questo ritardo, in qualche modo
allarma, perché rischia di fare nascere male un'istituzione della quale una
città dalle caratteristiche artistiche, culturali e turistiche di Perugia, ha
assoluto bisogno.
Certo, sono già state spese somme ingenti ed altri, parimenti ingenti, sono
state stanziate, e, anche volendolo, tornare indietro sarebbe ormai impossibile.
Ma non vorremmo neppure che tale pubblico danaro fosse stato speso male o fosse
male impiegato. E cosi, ora che la macchina pubblica sembra essersi rimessa in
moto e si riparta, occorre avere anzitutto le idee chiare sulla via da
percorrere. Ad evitare, dopo ritardi, disguidi.
Che cosa necessita e per che
cosa ci si è battuti?
Perché una città dalle caratteristiche, appunto, della
nostra abbia un luogo anzitutto deputato a conservare importanti opere d'arte,
testimonianza oltretutto d'un epoca non secondaria, quali gli altri due secoli,
e poi capace di svolgere azione promozionale per continuare in chiave attuale il
discorso artistico.
Quindi, anzitutto, una galleria, diciamo pure nel senso
tradizionale, pur se modernamente strutturata, e poi spazi collaterali per
l'attività in divenire.
Sappiamo benissimo che il termine «galleria» oggi non
piace, ed ancor meno «museo»; ma occorre rendersi conto che, in concreto, svolgono pur
tuttavia azione necessaria ed insostituibile: che, se si disperde tutto, non si
ha poi materia per iniziare alcun discorso.
A parte poi l'utilità pratica per il concreto arricchimento della città.
Diretto, evitando da un lato, che si disperdano opere, e dall'altro inducendo,
anzi, a farvele confluire, per lasciti e donazioni.
Indiretto, incrementando il
turismo: ché il turista continua a volere non discorsi, ma cose concrete da
vedere. Arricchimento, quindi, oltre che culturale, anche economico.
E poi -
s'intende - un organismo che renda viva l'istituzione. Come del resto avviene in
tutte le più avanzate e moderne gallerie del mondo. Fare l'una cosa senza
l'altra sarebbe far nascere un'opera zoppa.
Non fare la Galleria, ma al suo
posto, poniamo, un centro di discussioni e sperimentazioni, equivarrebbe a
vanificare del tutto l'iniziativa.
Una galleria, appunto: ma modernamente
concepita. Funzionale e funzionante. Che conservi, ricerchi e promuova. Che poi
sono principi semplici, anche se, magari, lungo la strada si complicano.
Comunque è già qualcosa avere almeno le idee chiare in partenza. E allo scopo
ben venga l'annunciato consulto coi direttori di grandi gallerie europee.
Purché serva per chiarire
ancora meglio le idee e non per confonderle. Per operare e non per disquisire.
Ormai quel che necessita lo sappiamo: non resta che cercare di farlo.
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