Ritardo del programma e preparazione
Una nota della «Famiglia Perugina» - La manifestazione è insidiata anche dal «decentramento»
Parliamo della sagra: della «Sagra Musicale Umbra» naturalmente.
Oggi di sagre ce n'è un'inflazione: da quella del carciofo a quella del
finocchio; ma l'unica che abbia superato i confini comunali resta lei ed è di
essa che merita parlare.
Né sembri, visto che si fa di settembre inoltrato, che se ne parli
prematuramente. Anzi, è già tardi, che a quest'ora avrebbe dovuto essere da
tempo impostata e programmata. Tanto per portare esempi, all'Arena di Verona
quando finisce in agosto la stagione lirica già si comunicano opere e date
dell'estate a venire. Mentre a noi occorre attendere la vigilia per sapere cosa
sarà.
La «Sagra», dunque. Che è stata la prima manifestazione internazionale umbra e
resta tuttora l'unica assieme al Festival dei Due Mondi. Che ha raggiunto un
indubbio prestigio ed ottenuto una sua precisa collocazione. E che, di riflesso,
ha dato indiscutibili benefici, non solo culturali, ma anche turistici ed
economici alla nostra terra. Né è vero che sia di fiato limitato: e tanto meno
ora che lo spirito religioso è intenso non solamente in chiave di liturgia
cattolica.
E' un bene, dunque, da conservare: eppure - inutile nasconderlo - s'è andato e
si va progressivamente consumando. Ed urge correre al suo capezzale.
Ripetiamo: non è malata di vizi di motivazione; ma piuttosto di organizzazione
(per deficienza di strutture, s'intende, e non di uomini).
Il primo e più esiziale è quello appunto del ritardo di programma e
preparazione. Quando il cartellone usciva a giugno si faceva giustamente notare
che non c'era più tempo materiale per una diffusione a livello nazionale ed
internazionale. Ora che esce addirittura all'immediata vigilia, è già molto se
si racimola qualche critico disoccupato (pagandogli vitto, alloggio e diaria).
Ultimamente poi è stata insidiata anche dal «decentramento». Quella di
decentrare e, almeno da queste parti una moda oggi in grande auge.
E così la sagra, nata a Perugia
e poi per naturale destinazione estesasi ad Assisi, è stata espansa in tutta
l'Umbria. Col risultato che, chi a lei interessato, deve stare tutto il giorno
in auto per seguire i violini. E col risultato che quando si fa musica ovunque,
si finisce poi per non farla in nessuna parte. Le è, insomma, venuto meno quel
principio di unità e di luogo ritenuto sin dai greci indispensabile alla
riuscita.
Si usa dire che quello del decentramento sia un concetto moderno; ma forse è già
stato superato dai fatti, se grandi manifestazioni, (vedi la Mostra del cinema a
Venezia) per riprendervi sono dovuti tornare all'antico e se il più prestigioso
festival musicale del mondo (quello di Salisburgo) non vi si è mai discostato.
Il che - si badi ad evitare equivoci ed il pericolo d'essere frainteso - non
significa accentrare ogni manifestazione umbra a Perugia. Tutt'altro: è
opportuna anzi una pluralità d'iniziative diverse e in luoghi diversi.
Solo che
ognuna deve poi avere una sua unità: il Festival dei Due Mondi a Spoleto, la
Quintana a Foligno, la Mostra dell'Antiquariato a Todi, tanto per intenderci, e
la Sagra appunto a Perugia ed Assisi.
In ogni caso, quali siano le cure, la
«Sagra» va salvata.
Per quest'anno ormai sarà tardi; ma siamo ancora in tempo, se vogliamo, per
quella dell'anno venturo.
E ci si scusi se siamo un po' polemici; ma, in un mondo di «parrocchie» in cui
ciascuno evidenzia il suo festival e la sua sagra non importa di cosa sia, sia
lecito ai perugini difendere la loro, che di qualcosa è.
La «Famiglia Perugina»
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